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Beni demaniali di uso civico: forme differenziate di utilizzo e sanatoria aree edificate anche dopo la legge N. 168/2017

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Beni demaniali di uso civico: forme differenziate di utilizzo e sanatoria aree edificate anche dopo la legge N. 168/2017

I beni demaniali di uso civico sono i patrimoni agro-silvo-pastorali collettivi delle comunità locali (c.d. comunità di abitanti), utilizzati per le loro esigenze di vita e fabbisogno quotidiano, e che oggi continuano ad essere gestiti ed amministrati dalle comunità medesime, per il tramite degli enti gestori (Comuni, Università agrarie, Associazioni agrarie comunque denominate) in un contesto economico completamente cambiato ed in continua evoluzione.

La straordinaria importanza di tali patrimoni e la necessità di conservarli integri per le generazioni future ha portato il legislatore del 1927 (legge 16 giugno 1927 n. 1766 e relativo regolamento di attuazione del 26 febbraio 1928 n. 332 sul riordinamento degli usi civici nel Regno) a sancire il regime di indisponibilità e di tutela dei beni demaniali di uso civico, rafforzato dalla loro classificazione come “beni ambientali” (legge 8 agosto 1985 n. 431). Già nel sistema della legge del 1927, i beni demaniali di uso civico erano tutelati nella loro originaria destinazione agro-silvo-pastorale, con la possibilità, tuttavia, di prevedere forme di utilizzo differenti da quelle originarie (ad es. turistico-ricreative o per destinazioni pubbliche). Nel caso di utilizzo diverso da quello agro-silvo-pastorale, era necessario ottenere la preventiva autorizzazione regionale al mutamento di destinazione d’uso (ove ciò fosse stato di beneficio per la collettività), ovvero l’autorizzazione regionale all’alienazione (ove il bene avesse perduto irreversibilmente l’originaria natura agro-silvo-pastorale e non fosse più di utilità per la collettività).[1]

La recente legge 20 novembre 2017 n. 168 ha rafforzato tale regime di indisponibilità dei detti beni, introducendo il concetto della “perpetua” destinazione agro-silvo-pastorale dei beni demaniali di uso civico, che deve quindi permanere in perpetuo per le generazioni future, con il mantenimento del vincolo ambientale anche in caso di liquidazione degli usi civici.[2]

Pertanto ci si chiede se la “nuova” legge n. 168/17 abbia fatto salvi, pur sempre in casi eccezionali e tassativi, gli istituti del mutamento di destinazione d’uso e dell’alienazione (o sdemanializzazione), in quanto non espressamente abrogati, seppur talvolta incompatibili con la nuova legge.

Sul punto, è intervenuta la giurisprudenza della Corte Costituzionale, con due pronunce nel 2018, fornendo un principio interpretativo ed applicativo del concetto di “perpetua” destinazione agro-silvo-pastorale contenuto nella legge n. 168/17.[3]

In particolare, la Corte Costituzionale ha ritenuto che il mutamento di destinazione d’uso, in quanto finalizzato unicamente a consentire un cambiamento d’uso (rispetto all’originaria destinazione agro-silvo-pastorale), ovvero un’utilizzazione per finalità pubbliche o turistico- ricreative (ad es. per la realizzazione di un’opera pubblica, una pista di sci o una attrezzatura turistico-sportiva), ma pur sempre un utilizzo che sia di utilità per la collettività e quindi non sia in contrasto con gli interessi generali della popolazione locale, è compatibile con il regime di indisponibilità dei beni demaniali di uso civico. Con il mutamento di destinazione d’uso, infatti, l’esercizio dei diritti civici non viene annullato, ma soltanto sospeso per consentire il differente utilizzo. L’unica novità introdotta dalla Corte Costituzionale rispetto al regime della legge del 1927, è stata quella di sottoporre il provvedimento di mutamento di destinazione d’uso, deliberato dall’ente gestore dei beni demaniali di uso civico, nell’esercizio dei “nuovi” poteri di autonormazione e di autonomia statutaria riconosciuti agli enti gestori dalla legge n. 168/17,[4] alla valutazione della regione e del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, per l’esame della compatibilità ambientale della diversa destinazione rispetto all’originaria natura agro-silvo-pastorale.

Per quanto concerne, invece, l’alienazione dei beni demaniali di uso civico, la Corte Costituzionale, pur ritenendola incompatibile con il regime di indisponibilità, perché prevede la trasformazione del demanio in allodio, ossia in bene privato (c.d. sdemanializzazione), tuttavia precisa che il legislatore (della legge n. 1766/1927, non abrogata) ne ha previsto l’applicazione in casi eccezionali e tassativi e purchè non comportino gravi pregiudizi alla continuità del demanio.[5]

In altri termini, secondo l’interpretazione della Corte Costituzionale, anche la nuova legge n. 168/17, se da un lato è “rafforzativa” del regime di indisponibilità ed inalienabilità, soprattutto delle aree demaniali di uso civico che hanno conservato la loro originaria destinazione agro-silvo-pastorale, dall’altro, in richiamo alla precedente legge n. 1766/27 non abrogata, consente di sanare situazioni pregresse di edificazione di aree demaniali di uso civico. D’altra parte tale interpretazione fornita dalla Corte appare certamente ragionevole, ma soprattutto perfettamente rispondente alle esigenze di molti cittadini che si trovano ad aver edificato in totale buona fede – e spesso su autorizzazione del comune – su aree demaniali di uso civico. Solo in questi casi specifici, per effetto dell’edificazione, l’esercizio dei diritti civici è divenuto impossibile, il bene demaniale non riveste più alcun interesse per la collettività, ed è quindi consentito il trasferimento del bene stesso a favore del privato, che ne diviene proprietario. La condizione, ribadita anche dalla Corte Costituzionale, affinchè si possa procedere all’alienazione è che essa non comporti gravi pregiudizi alla continuità del demanio di uso civico, ovvero non stravolga il contesto ambientale nel quale è inserito.

In definitiva, in questo nuovo quadro normativo ed in un sistema economico moderno ed in continua evoluzione, i beni demaniali di uso civico hanno un ruolo decisivo. Su questi patrimoni di inestimabile valore è necessario realizzare ed attuare progetti di sviluppo agro-silvo-pastorale che ne conservino l’integrità ma al tempo stesso consentano alle comunità locali di trarne profitto e sostentamento. In quest’ottica è necessario che si consentano forme differenziate di utilizzo dei beni demaniali di uso civico (ad es. a scopo turistico-ricreativo), attraverso la procedura del mutamento di destinazione d’uso, con l’attuazione di progetti di sviluppo sostenibile. Infine, ma non da ultimo, è essenziale che gli enti gestori forniscano risposte concrete e reali a tutti quei cittadini che in totale buona fede hanno edificato su aree demaniali di uso civico, trasformandole in maniera irreversibile, e che legittimamente ne chiedono l’acquisizione in proprietà privata.

 

[1] Art. 12 legge 16 giugno 1927 n. 1766 e art. 41 r.d. 28 febbraio 1928 n. 332

[2] Art. 3, commi 3 e 6, legge 20 novembre 2017 n. 168

[3] Sentenza Corte Costituzionale n. 113 del 10.4.2018 e sentenza Corte Costituzionale n. 178 del 4.7.2018

[4] Art. 1 legge 20 novembre 2017 n. 168

[5] Sentenza Corte Costituzionale n. 113 del 10.4.2018