L’ incameramento al demanio marittimo statale delle opere inamovibili realizzate in zona demaniale
1. Introduzione
Come ben noto agli operatori del settore l’art. 49 del Codice della navigazione dispone che le “opere inamovibili” realizzate dai concessionari in zone facenti parte del demanio marittimo – e, dunque, anche negli stabilimenti balneari – vengano acquisite di diritto al patrimonio statale, senza alcun diritto al compenso o al rimborso delle spese sostenute, allo scadere del termine della concessione demaniale[1].
Pertanto, sebbene con l’atto di concessione venga conferita al concessionario la facoltà di edificare sul demanio marittimo, con diritto di superficie da parte del concessionario sulle opere realizzate, alla scadenza dell’atto concessorio consegue ex lege anche l’estinzione di qualsivoglia diritto sulle medesime opere, incamerate d’ufficio al patrimonio dello Stato.
Ciò al fine di evitare che – una volta conclusa l’attività svolta dal concessionario – gli impianti e le strutture inamovibili rimangano nella sua esclusiva titolarità, atteso che ciò potrebbe comportare un rischio di abbandono di tali manufatti, considerando che il precedente concessionario non avrebbe più interesse alcuno a curare tali beni, ricadenti su aree con cui non avrebbe più uno stabile collegamento.
Il Legislatore, dunque, ha previsto che in tale ipotesi trovi applicazione il principio civilistico dell’accessione di cui all’art. 953 c.c., in base al quale il proprietario dell’area – che, trattandosi di demanio marittimo, è l’Amministrazione statale – diventi titolare anche delle opere su di essa insistenti.
I gestori delle aree balneari, quindi, esercitano un diritto reale di superficie su dei beni che – benché da loro realizzati – risultano comunque di proprietà altrui, destinati inevitabilmente a “tornare” nella piena disponibilità dello Stato.
In questo contesto appare, quindi, del tutto evidente che l’istituto di cui all’art. 49 del Codice della navigazione risulti – come costantemente affermato dai Giudici Amministrativi[2] – fortemente penalizzante per il diritto dei superficiari e per gli investimenti dei privati, da porre in diretta connessione con la prassi, ormai consueta nel settore balneare, di ricorrere all’istallazione di opere facilmente amovibili piuttosto che investire nella realizzazione di opere stabili ed inamovibili.
2. I presupposti dell’istituto
2.1. L’inamovibilità delle opere
Come in precedenza evidenziato, il primo dei presupposti per l’applicazione dell’istituto dell’incameramento al demanio marittimo statale è costituito – in base a quanto esplicitamente disposto dall’art. 49 del Codice della navigazione – dalla natura necessariamente “inamovibile” delle opere da acquisire al demanio.
Al riguardo, occorre evidenziare che il criterio utilizzato dall’Amministrazione per valutare l’amovibilità o meno delle opere è quello della loro “permanenza”, in base al quale devono ritenersi permanenti tutti quegli edifici costruiti col sistema tradizionale, a struttura unita, a fondazione profonda, isolata o diffusa, saldamente collegata con il terreno.
Un ulteriore criterio è poi quello della “stabilità”, secondo cui occorre valutare i materiali utilizzati per la realizzazione dell’opera (muratura, cemento armato in sistema misto con elementi di prefabbricazione di notevole peso), con la conseguenza che devono ritenersi come stabili tutte quelle strutture la cui rimozione comporti necessariamente la distruzione del manufatto[3].
Qualora ricorrano detti presupposti – da valutare caso per caso da parte della Pubblica Autorità – le opere devono qualificarsi come “inamovibili” e rientrano, quindi, nel campo di applicazione dell’istituto dell’incameramento al demanio marittimo statale.
2.2. La “cessazione” della concessione: i contrasti giurisprudenziali
Il secondo presupposto previsto dalla norma di cui all’art. 49 del Codice della navigazione è costituito dalla “cessazione” della concessione: l’acquisizione al demanio marittimo delle opere inamovibili, infatti, può avvenire soltanto a seguito della scadenza della concessione, quando l’area torna nella disponibilità della Pubblica Amministrazione.
Tuttavia, come ben noto agli operatori del settore, costituisce evenienza del tutto usuale che le concessioni, una volta arrivate a scadenza, vengano rinnovate o prorogate nella loro durata.
Sussiste, tuttavia, una differenza sostanziale tra proroga e rinnovo
La proroga, infatti, determina il prolungamento – senza soluzione di continuità – della durata della concessione in essere, mentre il rinnovo integra gli estremi di una nuova concessione che si sostituisce integralmente al precedente atto concessorio oramai scaduto.
Pertanto, anche in considerazione della terminologia ambigua utilizzata dal Legislatore – che ha fatto ricorso, a livello normativo, al generico termine “cessazione” (cfr. art. 49 cit.) – si sono avuti due differenti orientamenti giurisprudenziali in merito all’individuazione del momento in cui si realizza l’acquisizione al demanio pubblico prevista dal predetto articolo 49 del Codice della navigazione.
Secondo un primo orientamento, alquanto risalente, l’acquisizione avviene di diritto alla scadenza della concessione, dovendosi intendere tale scadenza in senso formale, come momento in cui la concessione in essere termina i propri effetti. Conseguentemente, l’acquisizione alla mano pubblica dei manufatti inamovibili realizzati in zona demaniale dal concessionario troverebbe applicazione anche nel caso di rinnovo della concessione stessa, implicando il rinnovo – come detto – una nuova concessione in senso proprio, a differenza di quanto avviene nel caso di proroga[4].
Lo stesso Giudice Amministrativo, tuttavia, ha in un secondo momento mutato il proprio orientamento, ritenendo che – sulla base di una interpretazione costituzionalmente orientata del citato art. 49 del Codice della navigazione, fondata sui principi di proporzionalità, ragionevolezza e buon andamento dell’Amministrazione – tale momento vada individuato “nell’effettivo spirare della concessione” e, cioè, nel momento in cui il concessionario perde il suo legame qualificato con l’area demaniale marittima oggetto dell’atto concessorio[5].
Secondo tale secondo orientamento, quindi, sia la proroga sia il rinnovo sarebbero atti idonei a “rinviare” l’acquisizione al demanio marittimo dei beni presente sulle aree in concessione.
Infine, in alcune recenti pronunce, lo stesso Consiglio di Stato è in un qualche modo tornato sui propri passi e – sulla base della richiamata distinzione di fondo tra proroga e rinnovo – ha stabilito che una volta scaduta l’originaria concessione demaniale marittima, si verifica ex lege la devoluzione a favore dello Stato dei beni inamovibili presenti sull’area, anche nell’ipotesi in cui la concessione sia stata successivamente rinnovata[6].
3. La recente pronuncia del Consiglio di Stato n. 6043/2019
Nel complesso contesto di cui si è dato atto – nell’ambito del quale appaiono comprensibili i dubbi e le incertezze degli operatori del settore – tuttavia, è nuovamente intervenuto il Consiglio di Stato con una pronuncia che, almeno allo stato, sembra poter dissipare tali dubbi.
In particolare, con la sentenza n. 6043 del 2 settembre 2019, il Supremo Collegio si è espresso nel senso di individuare il momento produttivo dell’effetto giuridico acquisitivo delle opere inamovibili realizzate su area demaniale nella effettiva cessazione del rapporto concessorio (in assenza, dunque, di rinnovi o proroghe dell’atto concessorio) e non nella formale scadenza del relativo titolo che, di sovente, risulta già intervenuta da anni.
Il Consiglio di Stato, inoltre, ha chiarito che “… il principio dell’accessione gratuita di cui al ricordato art. 49 … non trova applicazione quando il titolo concessorio è stato oggetto di rinnovo automatico prima della data di naturale scadenza della concessione, tanto da configurare il rinnovo stesso, al di là del nomen iuris, come una piena proroga dell’originario rapporto e senza soluzione di continuità…”.
La più recente pronuncia del Giudice Amministrativo, quindi, trova il suo fondamento in una interpretazione che, scevra da formalismi, pone la sua attenzione sul rapporto in concreto esistente tra il concessionario e l’area demaniale oggetto di concessione: finché tale rapporto qualificato perdura – in ragione di rinnovi, rinnovi automatici o proroghe – non può realizzarsi l’acquisizione al demanio pubblico dei beni inamovibili presenti sulla medesima area.
4. Conclusioni
La sentenza del Consiglio di Stato da ultimo citata segna senza dubbio un (nuova) svolta nella materia, di certo delicata, dell’acquisizione al demanio pubblico dei beni inamovibili realizzati dai concessionari.
Con tale pronuncia, si ritiene, il Consiglio di Stato ha trovato un apprezzabile punto di equilibrio tra il pubblico interesse (costituito, nella specie, nella necessità di evitare l’abbandono dei beni inamovibili realizzati dal concessionario, che potrebbe aversi qualora quest’ultimo rimanesse proprietario dei medesimi beni anche dopo la conclusione degli effetti dell’atto concessorio) e l’interesse dei privati alla tutela dei propri investimenti economici, considerando peraltro che l’acquisizione al demanio pubblico non prevede, per espressa previsione normativa, né compensi né rimborsi per le spese sostenute.
Tuttavia, dalla breve disamina sin qui svolta emerge anche con sufficiente chiarezza che gli orientamenti giurisprudenziali in materia devono ritenersi tutt’altro che stabili, avendo il Giudice Amministrativo mutato la propria posizione in numerose occasione.
Sarebbe, dunque, assolutamente opportuno un intervento chiarificatore a livello di legislazione nazionale – al fine di sciogliere i dubbi che ancora permangono in relazione all’esatta individuazione del momento in cui si realizza l’acquisizione al demanio marittimo delle opere inamovibili realizzate dai concessionari – atteso che soltanto un intervento di tal fatta potrebbe favorire gli investimenti dei privati in un settore, quello delle concessioni demaniali marittime, sicuramente strategico a livello nazionale.
[1] L’art. 49 del codice della navigazione, in particolare, stabilisce che “…salvo che sia diversamente stabilito nell’atto di concessione, quando venga a cessare la concessione, le opere non amovibili, costruite sulla zona demaniale, restano acquisite allo Stato, senza alcun compenso o rimborso, salva la facoltà dell’autorità concedente di ordinarne la demolizione con la restituzione del bene demaniale nel pristino stato. In quest’ ultimo caso, l’amministrazione, ove il concessionario non esegua l’ordine di demolizione, può provvedervi a termini dell’articolo 54…”.
[2] Tra le varie, Cons. di Stato, Sez.VI, 1° febbraio 2013, n. 626.
[3] Definizione recata dalla Circolare del Ministero della Marina Mercantile n. 53 del 1962, su conforme Parere del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici (Ad. del 16 maggio 1962).
[4] Cons. di Stato, Sez. VI, 27.4.1995, n. 365 e 5.5.1995, n. 406.
[5] Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 3348 del 26 maggio 2010, n. 626 del 1° febbraio 2013 e n. 3196 del 14 maggio 2013.
[6] Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 6853 del 3 dicembre 2018 e n. 1368 del 27 febbraio 2019.