Avvalimento e requisiti di capacità professionale (Consiglio di Stato, Sez. V, 16 novembre 2020, n. 7037)
È legittima la clausola del bando di gara che – in conformità a quanto previsto dall’art. 89, comma 1, del d.lgs. n. 50 del 2016 (codice dei contratti pubblici) – limita il campo di applicazione dell’avvalimento ai soli requisiti di carattere economico, finanziario, tecnico e professionale di cui all’art. 83, comma 1, lettere b) e c), del medesimo codice, escludendo la possibilità di avvalersi della capacità di altri operatori economici per integrare i requisiti di idoneità professionale di cui all’art. 83, comma 1, lettera a), del Codice dei contratti pubblici.
Nell’ambito di una procedura aperta per l’affidamento dell’appalto del servizio di pulizia, installazione e nolo di apparecchi igienizzanti negli immobili di un Parco Archeologico, l’impresa risultata aggiudicataria si vedeva annullare l’aggiudicazione dal competente TAR che, in accoglimento del ricorso proposto dalla controinteressata, aveva annullato l’atto di ammissione alla procedura di gara dell’aggiudicataria nella considerazione che l’avvalimento, ai sensi dell’art. 89, comma 1, del Codice dei contratti pubblici, non è ammesso per i requisiti di idoneità professionale di cui alla lettera a) dell’art. 83 del D.lgs. n. 50/2016.
Invero, secondo il Giudice di prime cure, l’aggiudicataria – pur iscritta nel Registro delle Imprese di pulizia – avrebbe utilizzato lo strumento dell’avvalimento per procurarsi la disponibilità della fascia di classificazione G), così violando, oltre che l’art. 89 del Codice dei contratti pubblici, anche l’espresso divieto stabilito del bando di gara.
In effetti, il Disciplinare di gara stabiliva, con riguardo ai “Requisiti di idoneità”, che le imprese esercenti servizi di pulizia dovevano essere iscritte nel Registro delle Imprese o nell’Albo provinciale delle Imprese artigiane ai sensi della L. n. 82/1994 e del D.M. n. 274/1997 con appartenenza almeno alla fascia di classificazione di cui all’art. 3, lettera G), del richiamato D.M. Inoltre, proprio il Disciplinare di gara chiariva espressamente che l’avvalimento non era consentito per la dimostrazione dei requisiti di idoneità professionale.
Avverso la sentenza di primo grado, l’originaria aggiudicataria proponeva appello alla stregua dei seguenti motivi:
a) il requisito di idoneità, previsto a pena di esclusione dal Disciplinare di gara, poteva essere riferito alla sola iscrizione al Registro delle Imprese di pulizia (posseduto dall’aggiudicataria) non già alla fascia di classificazione richiesta, con la conseguenza che il divieto di avvalimento sancito dal Disciplinare doveva essere limitato alla sola iscrizione al Registro delle Imprese;
b) diversamente opinando, laddove intesa nel senso di ritenere necessaria, oltre all’iscrizione nel Registro delle Imprese, anche la classificazione nella fascia G) dell’art. 3, D.M. n. 274/1997, la clausola del Disciplinare sui “Requisiti di idoneità” sarebbe nulla per contrasto con l’art. 83, comma 8, del Codice dei contratti pubblici che vieta alle Stazioni appaltanti di introdurre ulteriori motivi di esclusione, rispetto a quelli previsti dal Codice;
c) il divieto d’avvalimento posto dal Disciplinare di gara dovrebbe essere riferito alla sola iscrizione all’Albo delle Imprese di pulizia e non anche alle fasce di classificazione. Secondo l’appellante, un diverso significato non sarebbe giustificabile, né in base alla lettera della disciplina di gara (che non specificava la conseguenza espulsiva in caso di violazione del divieto), né in base ai principi eurounitari in tema di avvalimento.
Dopo aver osservato che la previsione della lex specialis è coerente con la corrispondente norma dell’art. 89, comma 1, del Codice dei contratti pubblici (secondo la quale il campo di applicazione dell’avvalimento è limitato alle capacità economica e finanziaria o tecniche e professionali di cui all’art. 83, comma 1, lettere b) e c), risultando esclusa la possibilità di avvalersi della capacità di altri operatori economici per integrare i requisiti di idoneità professionale, di cui all’art. 83, comma 1, lettera a) del D.lgs. n. 50/2016), il Consiglio di Stato ha respinto l’appello alla stregua delle seguenti motivazioni.
In primo luogo, la clausola del bando risultava essere univocamente diretta a stabilire una prescrizione che i concorrenti erano tenuti a rispettare, pena la loro esclusione dalla procedura, senza che sia possibile sostenere la nullità della clausola per un asserito contrasto con il principio di tassatività delle cause di esclusione di cui all’art. 83, comma 8, del Codice dei contratti pubblici. Al riguardo, come chiarito dall’Adunanza Plenaria n. 21/2012, l’art. 89, comma 1, sul divieto di avvalimento, detta una prescrizione che rientra tra le norme contemplanti cause di esclusione atteso che fra le cause di esclusione rientrano, non solo le ipotesi di violazione di prescrizioni imposte dal Codice dei contratti pubblici o da altre leggi a pena di esclusione, ma anche quelle norme che impongano adempimenti doverosi o introducano, comunque, norme di divieto.
In secondo luogo, il Consiglio di Stato ha rilevato che l’iscrizione al registro delle imprese di pulizie deve essere considerato come requisito di idoneità professionale essendo, tale iscrizione, diretta ad accertare l’astratta idoneità professionale dell’operatore economico a svolgere l’attività imprenditoriale. Orbene, la disciplina sull’iscrizione nel registro delle imprese di pulizie richiede in concreto che la stessa sia collegata alla iscrizione in una delle fasce di classificazione previste dalla legge n. 82/1994 e dal regolamento di esecuzione di cui al D.M. n. 274/1997), al fine di poter essere giuridicamente ammissibile. Da ciò consegue, che il divieto di avvalimento riguarda l’iscrizione nel Registro delle Imprese di pulizie in quanto collegata a una delle fasce di classificazione, e implica la preclusione ad avvalersi della capacità di terzi per la sola maggiore classifica in possesso dei requisiti.
Infine, il Consiglio di Stato ha stabilito che la disciplina nazionale sull’avvalimento di cui all’art. 89, comma 1, del Codice dei contratti pubblici, così correttamente interpretata, è pienamente compatibile con la Direttiva europea 2014/24/UE la quale, all’art. 63, disciplina l’avvalimento con riferimento ai soli requisiti di capacità economica e finanziaria ed ai criteri relativi alle capacità tecniche e professionali, escludendo espressamente la possibilità di ricorrere all’avvalimento per la dimostrazione dei requisiti di abilitazione all’esercizio dell’attività professionale.
Scarica la sentenza del Consiglio di Stato, Sez. V, n. 7037/2020.