Esclusione automatica dell’offerente per false informazioni dell’impresa ausiliaria: la Corte Ue boccia la normativa italiana (Corte di Giustizia dell’Unione europea, Sez. IX, causa C-210/20, sentenza del 3 giugno 2021)
Con la sentenza del 3 giugno 2021 (causa C-210/20) la Corte di Giustizia dell’Unione europea (Sez. IX) ha sancito l’incompatibilità con la direttiva 2014/24/UE dell’art. 89, comma 1 del Codice degli appalti, nella parte in cui stabilisce che l’amministrazione aggiudicatrice deve automaticamente escludere un offerente da una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico qualora l’impresa ausiliaria, sulle cui capacità esso intende fare affidamento, abbia reso una dichiarazione non veritiera quanto all’esistenza di condanne penali passate in giudicato, senza permettere, in siffatta ipotesi, a tale offerente di sostituire detto soggetto ausiliario.
Nell’ambito di una procedura di gara la Stazione appaltante aveva escluso taluni operatori economici che avevano dichiarato di avvalersi dei requisiti tecnico-professionali posseduti da altra impresa attraverso istituto dell’avvalimento di cui all’art. 89 del D.lgs. n. 50 del 2016.
Segnatamente, l’Amministrazione aveva rilevato che l’impresa ausiliaria aveva fornito dichiarazioni non veritiere all’interno del DGUE (i.e. non aveva dichiarato di aver subito una condanna penale), integrando la fattispecie di esclusione automatica prevista all’art. 80, comma 5 lett. c), D.lgs. n. 50 del 2016.
Pertanto, aveva escluso automaticamente i concorrenti in applicazione della disposizione contenuta all’art. 89, comma 1, del D.lgs. n. 50 del 2016, secondo cui in presenza di dichiarazioni mendaci fornite dall’impresa ausiliaria, la Stazione appaltante esclude il concorrente ed escute la garanzia.
Tale norma, a ben vedere, si porrebbe in contrasto con l’art. 63 della direttiva 2014/24, il quale, nel riconoscere agli operatori economici il diritto di poter fare affidamento, per un determinato appalto, sulle capacità di altri soggetti, al paragrafo 1, secondo comma prevede, altresì, che “…l’amministrazione aggiudicatrice impone che l’operatore economico sostituisca un soggetto che non soddisfa un pertinente criterio di selezione o per il quale sussistono motivi obbligatori di esclusione. L’amministrazione aggiudicatrice può imporre o essere obbligata dallo Stato membro a imporre che l’operatore economico sostituisca un soggetto per il quale sussistono motivi non obbligatori di esclusione…”.
Tanto premesso, investito della questione, il Consiglio di Stato ha rimesso alla CGUE la verifica della compatibilità di tale norma con il diritto comunitario.
In primo luogo, la CGUE ha sottolineato che – conformemente all’articolo 57, paragrafi 4 e 7, della direttiva 2014/24 – gli Stati membri hanno la facoltà di non applicare i motivi facoltativi di esclusione ivi indicati, o di integrarli nella normativa nazionale, con un grado di rigore che può variare a seconda dei casi, in funzione di considerazioni di ordine giuridico, economico o sociale prevalenti a livello nazionale.
Tuttavia, dalla formulazione dell’art. 63, paragrafo 1 della citata direttiva emerge che, sebbene gli Stati membri possano prevedere la sostituzione obbligatoria delle ausiliarie prive dei requisiti di partecipazione, essi non possono, per contro, privare le Amministrazioni aggiudicatrici della facoltà di esigere autonomamente una siffatta sostituzione, imponendo l’esclusione automatica.
La disciplina comunitaria, infatti, non distingue le ipotesi di dichiarazioni mendaci dalla sussistenza di altri motivi di esclusione a danno dell’impresa ausiliaria, attribuendo in tutti i casi al concorrente la possibilità di sostituire l’ausiliaria al fine di rimediare all’irregolarità constatata e, conseguentemente, di dimostrare nuovamente la sua affidabilità.
La ratio sottesa a tale previsione è rappresentata dall’esigenza di non gravare il concorrente di responsabilità che esorbitano dalla propria sfera di controllo, evitando che incolpevolmente sopporti conseguenze pregiudizievoli a causa della condotta di un altro soggetto.
Si tratta del principio di c.d. self cleaning, recepito anche a livello nazionale all’art. 80, comma 7, D.lgs. n. 50/2016, e in base al quale l’operatore non viene escluso se è in grado di provare che ha adottato misure riabilitative sufficienti ed adeguate a dimostrare la sua affidabilità
Di talché, ha affermato la Corte, solo se il concorrente non abbia adottato tempestivamente alcuna misura correttiva (rappresentata dalla sostituzione dell’ausiliaria carente dei requisiti), l’Amministrazione è autorizzata a procedere con l’esclusione.
Pertanto, non è legittimo prevedere per il solo caso di dichiarazioni non veritiere dell’ausiliaria l’esclusione automatica del concorrente, ma deve essere concessa anche per queste ipotesi la previa possibilità di sostituire l’impresa ausiliaria secondo il meccanismo sancito in via generale al comma 3 dell’art. 89 del D.lgs. n. 50 del 2016.
Solo in tal modo, invero, si garantisce una corretta declinazione del principio generale di proporzionalità – nella forma, evidentemente, del divieto di gold plating – dal quale discende che le norme stabilite dagli Stati membri o dalle Amministrazioni aggiudicatrici nell’ambito dell’attuazione delle disposizioni della direttiva 2014/24 non devono andare oltre quanto necessario per raggiungere gli obiettivi fissati da quest’ultima.
In tal senso, i Giudici eurounitari hanno evidenziato, peraltro, che, in ossequio a tale principio generale, l’Amministrazione aggiudicatrice avrebbe dovuto tener conto maggiormente dei mezzi di cui l’offerente disponeva per verificare l’esistenza di una violazione in capo al soggetto sulle cui capacità intendeva fare affidamento (nel caso di specie, infatti, la condanna penale subita che l’ausiliaria aveva omesso di indicare non risultava nemmeno dal casellario giudiziario, con conseguente sussistenza di una difficoltà oggettiva per l’ausiliato di averne contezza).
Ciò posto, è stato specificato che la sostituzione del soggetto ausiliario non deve condurre ad una modifica sostanziale dell’offerta presentata dal concorrente, pena la violazione della par condicio tra i partecipanti.
Tanto premesso, la Corte ha concluso che la disciplina prevista all’art. 89, comma 1 del D.lgs. n. 50 del 2016, nella parte in cui stabilisce che “(…) Nel caso di dichiarazioni mendaci, ferma restando l’applicazione dell’articolo 80, comma 12, nei confronti dei sottoscrittori, la stazione appaltante esclude il concorrente e escute la garanzia (…)” deve ritenersi non più applicabile per appurato contrasto con il diritto comunitario, con conseguente dovere per i giudici nazionali di disapplicarla, nonché di ridefinirne il tenore letterale per il Legislatore.
Di talché, in definitiva, i Giudici comunitari hanno chiarito che le Amministrazioni appaltanti non sono più tenute ad escludere automaticamente un concorrente a causa delle dichiarazioni non veritiere fornite dall’impresa ausiliaria, dovendo previamente concedere, anche in tali casi, la possibilità di sostituzione di quest’ultima l’incompatibilità della disciplina italiana con il diritto UE.