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Nomina delle Commissioni di gara: il Consiglio di Stato ribadisce che spetta alle Pubbliche Amministrazioni l’onere di provare l’insussistenza di possibili profili d’incompatibilità dei commissari di gara rispetto al singolo appalto (Consiglio di Stato, Sez. V, 2 dicembre 2019, n. 8248)

L’incompatibilità dei componenti della Commissione di gara deve essere valutata in concreto e non in astratto, tenendo conto delle specificità del caso, della portata della funzione o dell’incarico svolti dal singolo commissario e della relativa incidenza nello svolgimento della procedura di gara. Pertanto, sulla base del cd. principio della vicinanza della prova, spetta alla Stazione appaltante l’onere di provare l’insussistenza di possibili incompatibilità dei commissari di gara rispetto alla specifica procedura di gara di cui si controverte.

La pronuncia in commento trae origine dall’impugnazione, da parte dei un concorrente classificatosi in seconda posizione nell’ambito di una gara per l’affidamento di un servizio di tesoreria, del provvedimento di aggiudicazione disposto a favore del primo classificato.

Il ricorrente eccepiva, in particolare, l’incompatibilità di due commissari scelti dall’Amministrazione appaltante, facenti parte del Settore tesoreria dell’Ente, poiché questi ultimi operavano a stretto contatto con il precedente fornitore del servizio di tesoreria – poi risultato aggiudicatario anche all’esito della procedura contestata – mentre uno di essi era intervenuto nella procedura di gara nella triplice veste di “leader della Tesoreria”, responsabile unico del procedimento (RUP) e Presidente della Commissione.

Ciò, secondo la ricostruzione di parte ricorrente, in aperta violazione dell’art. 77, comma 4 del Codice appalti, in base al quale “i commissari non devono aver svolto né possono svolgere alcun’altra funzione o incarico tecnico o amministrativo relativamente al contratto del cui affidamento si tratta. La nomina del Rup a membro delle commissioni di gara è valutata con riferimento alla singola procedura”.

Alla luce della su citata disposizione normativa il Consiglio di Stato – nel confermare l’orientamento già espresso dal Giudice di primo grado – ha evidenziato che il soggetto ricorrente, in sede di giudizio, è tenuto soltanto a fornire elementi di carattere indiziario o presuntivo dai quali possa desumersi una possibile violazione delle disposizioni in materia di incompatibilità dei componenti della commissione di gara.

Il Giudice Amministrativo ha, altresì, rilevato che a fronte degli indici presuntivi forniti dal ricorrente spetta all’Amministrazione appaltante – sulla base del cd. principio della vicinanza della prova – l’onere di provare sia “l’impossibilità di avvalersi comunque di funzionari che non avessero in precedenza avuto rapporti con le parti in gara” sia la circostanza “che in concreto tali rapporti non potevano comunque determinare una situazione di incompatibilità di fatto”.

Nella fattispecie, peraltro, essendo state presentate solo due offerte la P.A. avrebbe dovuto essere particolarmente rigorosa nella scelta dei commissari, risultando comunque alleggerito l’onere motivazionale gravante sulla Commissione.

Sulla base di tale percorso argomentativo, dunque, il Consiglio di Stato – dopo aver rilevato che l’Amministrazione non aveva assolto l’onere probatorio sulla medesima gravante, nei termini in precedenza evidenziati – ha statuito l’illegittimità dell’operato della Stazione appaltante.

Scarica la sentenza del Consiglio di Stato n. 8248/2019