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I criteri ambientali minimi (CAM)

Il contesto di riferimento

Il Green Public Procurement (cd. GPP – ovvero, tradotto, gli acquisti verdi nella Pubblica Amministrazione) è lo strumento in base al quale le Amministrazioni Pubbliche integrano i criteri ambientali in tutte le fasi del processo di acquisto di beni e servizi, incoraggiando la diffusione di tecnologie sostenibili e lo sviluppo di prodotti validi sotto il profilo ambientale, attraverso la ricerca di soluzioni tecnologiche che abbiano il minore impatto possibile sull’ambiente lungo l’intero ciclo di vita.

Al fine di massimizzare la diffusione del GPP, il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare ha elaborato sin dal 2007 – in ossequio alle indicazioni provenienti dalla Commissione Europea – il Piano d’Azione Nazionale per la sostenibilità ambientale dei consumi della P.A. (cd. PAN GPP) successivamente adottato con Decreto Interministeriale dell’11 aprile 2008.

La finalità di tale piano è quella di tutelare le esigenze ambientali negli appalti pubblici e – più in generale – nell’ambito delle attività delle pubbliche amministrazioni, favorendo scelte sostenibili sotto il profilo ambientale, sociale ed economico. Si tratta, dunque, di uno strumento di politica ambientale – ormai approvato da oltre un decennio – che intende favorire lo sviluppo di un mercato di prodotti e servizi a ridotto impatto ambientale attraverso la leva della domanda pubblica.

Quanto ai profili attuativi, il Piano d’Azione Nazionale rinvia ad appositi decreti del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, volti ad individuare i “criteri ambientali minimi” (cd. CAM) per ciascuna delle categorie merceologiche ivi indicate, tra le quali possiamo richiamare – in via esemplificativa – gli arredi, le derrate alimentari, i materiali dell’industria edilizia, i materiali necessari allo svolgimento dei servizi di igiene urbana, i prodotti energetici ed elettronici nonché i materiali del settore trasporti.

I CAM, dunque, fungono da linee guida non solo per le Amministrazioni appaltanti – che, come avremo modo di precisare, sono tenute a fare riferimento a tali criteri nell’ambito degli appalti pubblici – ma anche per le imprese che, qualora interessate ad aggiudicarsi una commessa pubblica, non possono che improntare la propria attività a tali linee guida, al fine di garantire una progressiva diminuzione dell’impatto ambientale delle attività che comportano la spendita di danaro pubblico.

È in tale contesto che – con il D.M. dell’11 gennaio 2017, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 23 del 28 gennaio 2017 – sono stati adottati i Criteri Ambientali Minimi relativi a tre categorie di settori (arredi per interni, edilizia, prodotti tessili) di particolare rilevanza nell’ambito degli acquisti delle Pubbliche amministrazioni.

I predetti criteri, invero, sono idonei ad incidere notevolmente sui meccanismi di aggiudicazione delle commesse – e, correlativamente, anche sulle scelte imprenditoriali degli operatori economici interessati al vasto settore degli appalti pubblici – soprattutto nel campo dell’edilizia, atteso che i medesimi CAM sono volti a consentire un miglioramento dei servizi e dei lavori edili realizzati per conto della Pubblica Amministrazione, tramite l’incentivazione di “prestazioni ambientali al di sopra della media del settore”, con il dichiarato scopo di promuovere modelli sostenibili tanto di produzione quanto di consumo.

 

La disciplina del Codice dei contratti pubblici 

I riflessi delle disposizioni in materia di GPP e di criteri ambientali minimi sono particolarmente evidenti – come detto – nel settore degli appalti pubblici.

Ed infatti, la disciplina in materia di appalti pubblici si è conformata al quadro normativo in precedenza richiamato con l’inserimento, nell’ambito del Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 50/2016), di specifiche norme a cui le Stazioni appaltanti devono attenersi nella selezione dei contraenti.

Al riguardo, assumono particolare rilievo le disposizioni che seguono:

– art. 34 del Codice (rubricato “criteri di sostenibilità energetica ed ambientale”), il quale sancisce che le amministrazioni appaltanti sono tenute ad attenersi ai criteri ambientali minimi nel predisporre sia i progetti che gli atti di gara, inserendo in tali documenti almeno le specifiche tecniche e le clausole contrattuali contenute nei CAM;

– art. 71 del Codice (rubricato “bandi di gara”), il quale dispone che tutte le procedure di scelta del contraente sono indette mediante bandi di gara recanti i criteri ambientali minimi di cui all’articolo 34;

– art 95 del Codice (rubricato “criteri di aggiudicazione dell’appalto”), il quale prevede:

– al comma 2, che le stazioni appaltanti devono procedere all’aggiudicazione secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa (miglior rapporto qualità/prezzo) o dell’elemento prezzo, tenendo in adeguata considerazione i costi legati al ciclo di vita dei prodotti, dei lavori e delle forniture, conformemente all’art. 96. Quest’ultima disposizione, in particolare, elenca i costi legati al ciclo di vita dei prodotti o dei servizi che gravano sulle amministrazioni aggiudicatrici e sugli utenti, come quelli sostenuti per l’acquisizione di beni e servizi, per il lo utilizzo (consumo di energia o di altre risorse naturali) per la loro  manutenzione, per il relativo “fine vita” (raccolta, smaltimento o riciclaggio) nonché per sostenere le cosiddette esternalità ambientali (emissioni di gas a effetto serra o altre sostanze inquinanti, costi legati all’attenuazione dei cambiamenti climatici);

– al comma 6, che i documenti di gara stabiliscono i criteri di aggiudicazione dell’offerta prendendo in considerazione gli aspetti qualitativi, ambientali o sociali connessi all’oggetto dell’appalto. Il medesimo comma, inoltre, reca alcuni criteri esemplificativi che, in tutta evidenza, sono volti ad attestare la compatibilità ambientale degli interventi proposti dalle imprese nel corso della gara[1].

Dalla breve disamina che precede emerge, quindi, che i CAM assumono ora un ruolo di sicuro rilievo nell’ambito degli appalti pubblici, essendo idonei ad orientare le scelte delle stazioni appaltanti. Ma non solo: il Codice mostra – anche al di là del ruolo dei CAM – una particolare attenzione per la sostenibilità ambientale degli acquisti e delle commesse della P.A., profilo che assumerà un ruolo sempre più decisivo nell’individuazione dei soggetti aggiudicatari delle procedure d’appalto.

Ciò, d’altronde, a maggior ragione ove si consideri che l’operatività dei CAM si estende agli appalti sopra e sotto soglia, senza limiti di valore.

 

Le tipologie di CAM

I criteri ambientali minimi posso essere suddivisi in due macro-categorie:

  1. I criteri ambientali di base.

Tali criteri possono essere finalizzati alla selezione dei candidati ed essere previsti nell’ambito della documentazione di gara tra i requisiti soggettivi di qualificazione dei concorrenti, volti a consentire l’individuazione di candidati in possesso di capacità professionali e tecniche adeguate alla commessa oggetto d’appalto. Tra tali requisiti, dunque, possono essere previsti anche dei requisiti minimi in materia ambientale, il cui possesso deve essere dimostrato dalle imprese tramite le attestazioni e certificazioni richieste in applicazione dei CAM.

Detti requisiti possono, inoltre, concernere anche il profilo oggettivo e, quindi, le specifiche tecniche dei servizi, lavori o forniture oggetto di gara. Ad esempio, in ambito edile, i CAM prevedono specifiche caratteristiche tecniche che devono essere possedute dagli edifici, dai materiali di costruzione o dai cantieri.

Qualora la Stazione appaltante ricorra ai citati criteri ambientali di base, quindi, il loro possesso costituisce un requisito di partecipazione alla procedura d’appalto e – di converso – la loro carenza comporta l’esclusione dell’operatore economico dalla gara.

  1. I criteri ambientali premiali.

I criteri ambientali premiali possono essere introdotti nell’ambito delle procedure aggiudicate con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa (miglior rapporto qualità/prezzo).

In tali ipotesi, infatti, la Stazione appaltante può prevedere un punteggio aggiuntivo (premiale appunto) per le offerte che risultino maggiormente performanti sotto il profilo della sostenibilità ambientale e che comportino un minor impatto sull’ambientale.

Qualora la Stazione appaltante ricorra ai criteri ambientali premiali, quindi, il loro possesso non costituisce un requisito di partecipazione alla gara ma comporta esclusivamente l’attribuzione di un punteggio più elevato rispetto ai quello dei concorrenti che non rispettino le specifiche tecniche previste dai CAM.

 

Conclusioni

Dalla disamina che precede emerge come i CAM possono senza dubbio ritenersi idonei a comportare un rilevante impatto sulla materia dei contratti pubblici, e ciò tanto sul versante pubblicistico quanto su quello imprenditoriale.

Sotto il primo profilo, le Stazioni appaltanti – in ossequio a quanto previsto dal Codice dei contratti pubblici – dovranno aderire ai criteri previsti dai CAM in due possibili modalità, ovvero o redigendo gli atti e la documentazione di gara nel rispetto dei criteri ambientali di base o introducendo dei punteggi premiali connessi al rispetto dei CAM.

Ciò ha trovato, inoltre, recente conferma a livello giurisprudenziale: il Consiglio di Stato ha, invero, recentemente statuito l’illegittimità dell’individuazione del prezzo da porre a base di una gara pubblica qualora la Stazione appaltante, nell’indicare tale importo, non abbia tenuto adeguatamente conto della necessità di ricomprendervi anche i costi legati al rispetto dei CAM (cfr. Cons. di Stato, Sez. V, 27 novembre 2019, n. 8088).

Le novità previste in materia sotto il profilo pubblicistico, poi, non possono che riverberarsi anche sulle imprese interessate ad aggiudicarsi le commesse pubbliche.

Ed invero:

– da un lato, qualora le stazioni appaltanti introducano dei criteri ambientali minimi nei documenti di gara, i partecipanti saranno tenuti a rispettare tali criteri (siano essi soggettivi o oggettivi) anche solo al fine di poter partecipare alle gare pubbliche;

– da un altro lato, l’introduzione di punteggi premiali – a fronte del rispetto dai su citati CAM – non potrà che avvantaggiare le imprese che si siano adeguate a tali criteri ambientali, rendendo maggiormente competitive le proprie offerte.

È, d’altronde, proprio questo “meccanismo di trasmissione” degli obblighi giuridici dal settore pubblico a quello privato che – nell’ottica del legislatore – dovrebbe garantire una concreta applicazione dei CAM, consentendo un sempre maggiore sviluppo di soluzioni tecnologiche a basso impatto ambientale.

 

 

 

[1] Ovvero: “a) la qualità dell’opera o del prodotto, ossia il pregio tecnico, caratteristiche estetiche e funzionali, accessibilità per le persone con disabilità, progettazione adeguata per tutti gli utenti, certificazioni e attestazioni in materia di sicurezza e salute dei lavoratori, caratteristiche sociali, ambientali, contenimento dei consumi energetici e delle risorse ambientali; b) il possesso di un marchio di qualità ecologica dell’U.E.; c) il costo di utilizzazione e manutenzione avuto anche riguardo ai consumi di energia e delle risorse naturali, alle emissioni inquinanti; d) la compensazione delle emissioni di gas ad effetto serra associate alle attività dell’azienda calcolate secondo i metodi dettati nella raccomandazione n. 2013/179/UE della Commissione; e) l’organizzazione, le qualifiche e l’esperienza del personale; f) il servizio successivo alla vendita e assistenza tecnica; g) le condizioni di consegna quali la data ed il processo della stessa”.