La distinzione tra soluzioni migliorative e varianti migliorative (Consiglio di Stato, Sezione III, 20 maggio 2020, n. 3205)
Nelle gare pubbliche, mentre le varianti migliorative si sostanziano in modifiche del progetto dal punto di vista tipologico, strutturale e funzionale per la cui ammissibilità è necessaria una previa manifestazione di volontà della Stazione appaltante contenuta nel bando di gara, le soluzioni migliorative possono liberamente esplicarsi in tutti gli aspetti tecnici lasciati aperti a diverse soluzioni sulla base del progetto posto a base di gara.
In una procedura di gara aperta per l’affidamento di un appalto di lavori per la costruzione di una RSA (residenza sociosanitaria assistenziale per anziani) da aggiudicarsi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, risultava aggiudicataria la società che aveva presentato nella propria offerta una variazione rispetto al progetto originario predisposto dalla Stazione Appaltante.
La società risultata seconda in graduatoria contestava l’esito della gara lamentando la violazione della lex specialis e, in particolare, del disciplinare di gara nella parte in cui – pur ammettendo offerte in variante – precisava che le medesime non avrebbero dovuto comportare varianti sostanziali.
In particolare, la ricorrente assumeva che la ditta aggiudicataria aveva proposto di sostituire la struttura portante dell’opera prevista dal progetto iniziale in travi e pilastri di cemento armato, modificandola in modo consistente con uno scheletro di moduli di acciaio prestampato ed assemblato sul posto. A dire della ricorrente, quindi, si sarebbe trattato di intervento che – rispetto a quanto previsto dalla lex specialis – incideva sui materiali, sul sistema realizzativo e sulla tipologia costruttiva dell’opera e avrebbe, pertanto, dovuto essere qualificato come una variante sostanziale al progetto, con conseguente necessità di escludere la relativa offerta.
Sia il TAR che il Consiglio di Stato, in sede di appello, respingevano le suesposte censure.
Il Consiglio di Stato, in particolare, ha innanzitutto ribadito la consolidata distinzione tra soluzioni migliorative e varianti migliorative, precisando che i) le prime possono liberamente esplicarsi in tutti gli aspetti tecnici lasciati aperti a diverse soluzioni dal progetto posto a base di gara ed oggetto di valutazione dal punto di vista tecnico, rimanendo comunque preclusa la modificabilità delle caratteristiche progettuali già stabilite dall’Amministrazione, mentre ii) le varianti migliorative si sostanziano in modifiche del progetto dal punto di vista tipologico, strutturale e funzionale, per la cui ammissibilità è necessaria una previa manifestazione di volontà della stazione appaltante contenuta nel bando di gara e l’individuazione dei requisiti minimi che segnano i limiti entro i quali l’opera proposta dal concorrente costituisce un aliud rispetto a quella prevista.
Muovendo da tale distinzione il Consiglio di Stato ha rilevato che nel caso di specie il disciplinare di gara ammetteva espressamente “…varianti finalizzate a miglioramenti quantitativi, tecnici, funzionali … e volte a semplificare o migliorare la costruzione con proposte tecniche alternative…”, con il limite della non alterazione dei requisiti prestazionali.
Quindi Pertanto – considerato che l’offerta dell’aggiudicataria non aveva superato né i volumi, né le superfici del progetto base (ovvero i cd. requisiti prestazionali) ma aveva soltanto migliorato il grado di sicurezza del complesso strutturale – il punteggio premiale ottenuto dalla medesima era da ritenersi del tutto idoneo, con conseguente legittimità del provvedimento di aggiudicazione oggetto d’impugnativa.
Scarica la sentenza del Consiglio di Stato n. 3205/2000.