Non è ammissibile l’istanza di revisione del prezzo formulata prima della stipulazione del contratto (TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, 10 marzo 2022, n. 239)
È formulata erroneamente l’istanza dell’aggiudicatario, tendente ad ottenere un riconoscimento economico, a titolo di revisione dei prezzi, che sia stata formulata ai sensi della lett. c) dell’art. 106 comma 1 d.lgs. 50/2016, allegando un deterioramento delle condizioni economiche dell’appalto derivante da “circostanze impreviste e imprevedibili; detta norma disciplina i casi in cui, nel corso di svolgimento del rapporto contrattuale, si renda necessario, per circostanze impreviste e imprevedibili, modificare “l’oggetto del contratto” attraverso “varianti in corso d’opera”, ossia “modifiche del progetto dal punto di vista tipologico, strutturale e funzionale”, laddove invece, nella specie, la domanda formulata dalla parte ricorrente all’amministrazione comunale concerne unicamente l’adeguamento del prezzo dell’appalto ad asseriti aumenti dei costi del servizio, riconducibile, invece, alla fattispecie di cui alla lett. a) della medesima disposizione normativa.
Nel giugno del 2018 un Comune bandiva una procedura aperta per l’affidamento dei servizi integrati di igiene urbana. Alla gara partecipavano due concorrenti. La seconda classificata, gestore uscente del servizio, aveva impugnato l’esito della procedura in quanto l’aggiudicataria difettava dei requisiti morali di cui all’art. 80 d.lgs. n. 50/2016. Dopo il rigetto del ricorso da parte del TAR, il Consiglio di Stato aveva accolto l’appello proposto dall’impresa che, dunque, era divenuta aggiudicataria dell’appalto. Il Comune aveva così disposto l’avvio del servizio a partire dal 1 ottobre 2020 e, nelle more, la proroga del servizio in capo alla medesima impresa, quale gestore uscente.
Tuttavia nell’agosto 2020, la ricorrente si trovava costretta a chiedere alla Stazione appaltante la revisione dei prezzi offerti in gara, ai sensi dell’art. 106 del d.lgs. n. 50/2016, al fine di rimediare all’aumento dei costi di smaltimento, e alla parallela diminuzione degli introiti, intervenuto nel periodo intercorrente tra l’indizione della gara (giugno 2018) e la successiva aggiudicazione alla richiedente (agosto 2020).
Ad avviso dell’impresa ricorrente, i costi di smaltimento dei rifiuti avevano subito un incremento medio di oltre il 40% sui valori precedenti. Si trattava, secondo la ricorrente, di circostanze imprevedibili alla data di formulazione dell’offerta e tali da sconvolgere il piano economico di esecuzione contrattuale, implicando a carico del gestore una perdita economica, con conseguente indebito arricchimento dell’Amministrazione comunale. Di qui la necessità di riequilibrare le condizioni economiche del contratto.
La Stazione appaltante respingeva la richiesta e invitava l’operatore economico a stipulare il contratto, comunicando che in difetto avrebbe proceduto a revocare l’aggiudicazione.
Avverso la determinazione dell’Amministrazione, l’impresa proponeva ricorso al TAR.
Secondo la ricorrente, dunque il provvedimento di diniego di revisione prezzi adottato dalla PA sarebbe errato in quanto: ha ricondotto l’istanza di revisione alla fattispecie di cui alla lett. a) dell’art. 106 comma 1, d.lgs. 50/2016, ossia alla revisione prezzi, mentre la ricorrente l’aveva formulata ai sensi della lett. c) della stessa norma, allegando cioè un deterioramento delle condizioni economiche dell’appalto derivante da “circostanze impreviste e imprevedibili”; ha ritenuto che l’art. 106 comma 1 lett. c) del d.lgs. n. 50/2016 sarebbe utilizzabile soltanto in presenza di un contratto in corso, e non in presenza di un contratto non ancora stipulato.
Investito della questione, il TAR adito respingeva il gravame in ragione dei seguenti rilievi.
Innanzitutto, il TAR ha ritenuto infondata la pretesa della parte ricorrente di inquadrare la propria domanda nella lett. c) dell’art. 106, comma 1, del d.lgs. 50/2016 che non disciplina la revisione dei prezzi, bensì le varianti in corso d’opera. La domanda della impresa ricorrente, infatti, era da inquadrarsi, secondo il Collegio, nell’ambito della revisione prezzi prevista dall’art. 106, comma 1, lett. a) del d.lgs. n. 50/2016.
Inquadrando la richiesta della ricorrente nella revisione prezzi prevista dall’art. 106, comma 1, lett. a) del d.lgs. n. 50/2016 il TAR ha precisato che sebbene la norma rimetta alla discrezionalità della Stazione appaltante l’inserimento o meno di clausole revisione prezzi nei documenti di gara, in assenza di una simile clausola, l’impresa è comunque tutelata per i casi di aumento sproporzionato dei costi dell’appalto, potendo attivare l’art. 1467 c.c., ossia la risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta.
Nel caso di specie, era espressamente esclusa la clausola di revisione prezzi che, in ogni caso non poteva essere formulata dall’impresa aggiudicataria prima della stipulazione del contratto.
In tale fase, infatti, i giudici del TAR Lombardia hanno escluso la possibilità di ricorrere ad un simile rimedio. L’istituto della revisione prezzi, infatti, presuppone, per sua stessa natura, la presenza di un contratto già in corso e che includa una clausola revisione prezzi.
Sulla scorta di tali considerazioni, nel respingere il ricorso, il TAR ha infine concluso che a prescindere dalla presenza di una clausola revisione prezzi, nella fase tra l’aggiudicazione e la stipula del contratto, come quella in esame, una volta cessata la vincolatività dell’offerta – che a norma dell’art. 32, comma 4 del d.lgs. n. 50/2016 è tale per un periodo di 180 giorni dalla scadenza del termine per la sua presentazione -, l’impresa aggiudicataria può legittimamente svincolarsi dal contratto e rifiutarne la sottoscrizione.